giovedì 21 agosto 2014

Clandestina-Mente: dietro le quinte della vita!

 
Dell'ossessione della verità e del brusco risveglio dal sogno

Questo racconto prende spunto da due episodi che mi sono realmente accaduti: l'ultimo concerto dei Genesis, a Roma nel 2007, e l'intervista a Phil Collins, che realizzai nel 2010 a Milano, dopo la quale decisi che non avrei fatto più vivere gli editori grazie al mio lavoro.
 
 
La versione ufficiale dell'esistenza 
 
Il concerto era stato bellissimo, e lo sarebbe stato ancora di più nei ricordi, soprattutto perché l'ultimo del suo gruppo preferito. Sentiva la mancanza di qualcosa però. Tornando a casa si rese conto di non aver mai vissuto l'esperienza del dietro le quinte, e non era certo il tipo che si accontentasse della versione ufficiale dell'esistenza, che troppo spesso fa rima con apparenza. Voleva capire il senso delle cose, non il significato, mutevole nel tempo e nello spazio.
Smettila di arrovellarti il cervello, gli consigliavano i suoi. La vita si prende come viene, senza farsi troppe domande, gli ripetevano spesso. Ma si sa, si educa con gli esempi, non con i consigli. Anche perché un figlio tende per natura a fare tutto il contrario di quanto gli viene detto. E poi tanto superficiali non erano neppure loro: un padre appassionato di musica classica e pittura e una madre che sarebbe stata un'attrice perfetta, anche per il solo fatto di essere napoletana.
Recitare, già. Perché non interpretare il ruolo del giornalista e intrufolarsi nel backstage? In fondo, avrebbero suonato anche la sera successiva, c'era ancora una possibilità di incontrali. Decise allora di tornare a casa per lavare via quel misto di sudore e rumore rimastogli addosso, mettere una penna ed un block notes in uno zainetto e cercare nell'armadio dei vestiti eleganti. Così, tanto per non apparire il solito fan in cerca di autografi. Non dormì quella notte: troppi pensieri! La mancanza del tesserino da giornalista era ciò che lo assillava maggiormente. Potrei sempre dire di essere un praticante di un giornale, pensò ad un tratto. Ecco, con questa finta lettera di accredito non dovrei avere problemi, esclamò quando vide il foglio uscire dalla stampante.

La versione ufficiosa dell'esistenza

A che ora arrivano i giornalisti ai concerti? Non lo sapeva, ma voleva essere lì prima ancora che iniziasse il soundcheck. Ignorava anche che fosse proprio quello il momento peggiore per incontrare un musicista: a nessuno mette di buon umore prendere in mano uno strumento arroventato dal sole e fare i conti con l'insicurezza tipica di chi deve ancora confrontarsi con il pubblico.
La conferenza stampa si è tenuta ieri mattina, cosa vuoi?, sbraitò il responsabile della sicurezza al cancello principale. Si era accorto che qualcosa non andava, e senza neppure bisogno di controllare l'accredito: i giornalisti non vestono in modo elegante, non d'estate, non ai concerti rock. Aspetta qui, non muoverti, gli disse con tono minaccioso. Il pullman dei ballerini era arrivato in ritardo e non poteva parcheggiare sul retro, dove avevano trovato posto i camion del service audio e luci.
Approfittando di questo momento di distrazione, entrò passando sotto la sbarra, un po' come uno di quei teppisti che si vedono nei film americani degli anni '70. Per sua fortuna, era passato inosservato perché quasi tutti erano riuniti accanto al palco: un guasto al generatore principale impediva il soundcheck.
Vieni qua tu, dove pensi di andare? Questa è un'area riservata agli addetti ai lavori, a parlare adesso è un tizio alto quasi due metri, con la tipica pancia gonfia per le troppe birre e un cappellino a nascondere i pochi capelli rimasti.
Fingendosi smarrito e mormorando qualche scusa si allontanò per ritrovarsi poi negli spogliatoi dello stadio. Uno, due tre e quattro. Cinque, sei, sette e otto, la maestra di danza ripeteva la coreografia in attesa che arrivassero i ballerini. Si accorse del ragazzo da un riflesso nello specchio, montato lì per l'occasione, e non esitò un istante a sbattergli la porta in faccia. A dire il vero, non se ne curò affatto: la sua priorità era capire dove fossero gli idoli della sua adolescenza. 
La stratocaster deve essere già pronta sul palco, anche se il chitarrista la userà solo nell'ultimo brano, urlò nel corridoio un tizio al malcapitato assistente di palco. Comprese così che non doveva essere molto lontano dalla meta e, alla fine, li vide! Chi addormentato sul divano, chi a giocare con la playstation, chi a fumare una sigaretta dopo l'altra. In fondo erano solo delle persone. Non importa in quante stanze fossero appesi i poster della loro band: erano solo persone, punto! 
Aveva così tante domande da fare, quelle che solo un vero fan può porre, mica come quelle dei giornalisti. Quelli sì che fanno la bella vita e non li ascoltano neppure i dischi che recensiscono. Tanto sono pagati per scrivere quello che la gente vuole leggere, fanculo la verità, ecco cosa pensava di loro.
Ma come sei entrato? Adesso ti sbatto fuori a calci!, disse il responsabile della sicurezza, giunto d'improvviso alle sue spalle. Cadde il block notes, cadde la penna, e cadde anche l'ultima illusione di un'adolescenza durata troppo a lungo. Era tempo di svegliarsi, di attraversare lo specchio, e senza neppure il tempo di un autografo.

Massimiliano Cerreto, ex giornalista musicale

 
P.S. Cazzo! Sono passate quasi tre ore e ho anche finito le sigarette. Dura la vita dello scrittore, mica come quella dei giornalisti...