martedì 26 agosto 2014

Una donna per amico è sempre meglio di un calcio nel culo!

 
Della morte, dell'amore e di altri guasti nucleari



Nuclear Burn, ©Massimiliano Cerreto
Ieri ho telefonato ad un'amica, una delle pochissime persone con cui sono ancora in contatto nonostante facebook e tutta questa merda virtuale di cui ho riempito la mia vita.
Se sono qui è perché il mio alter ego digitale non vuole morire. Forse perché dovrebbe ammettere, l'ego reale, di essere niente o poco più. Che strano: lo pensava di sé anche Fernando Pessoa, eppure ai suoi tempi non c'era ancora internet. Non saltare a facili conclusioni: dell'autore portoghese ho solo l'inquietudine, non il talento.
Oggi va in vacanza, la mia amica intendo, e mi chiedo perché si dica che partire è un po' morire: cosa cazzo ne sanno le persone della morte? 
Basta con questo continuo parlare di ciò che non si conosce, non direttamente almeno. E ora ti svelerò un segreto: la morte devi viverla per comprenderla.
Fanculo anche ad Epicuro. Quando noi ci siamo ella non c'è, quando lei c'è noi non ci siamo più, affermava. Balle! Per me la morte è sempre stata una presenza ingombrante, ma ammetto di essere più apollineo che dionisiaco, più tanatico che erotico. Traduco? Sono un gran rompipalle, ecco! A quelle del filosofo greco preferisco le parole di una canzone di Caterina Caselli. 
 
 
Non sarà facile, ma sai, si muore un po' per poter vivere.

(Caterina Caselli, Insieme a te non ci sto più)

 
Non rispondermi subite, ma pensaci: quante volte sei morto nella tua vita? A me spesso. Nulla di serio o quantomeno definitivo. Non sarei qui a scrivere queste perle di saggezza utili al progresso del genere umano altrimenti.
In fondo morire non è così difficile e neppure un male. Lo sapeva bene Lucio Battisti, che non ha neppure avuto bisogno di guidare a fari spenti nella notte per riuscirci. Sono stato irriverente, lo so, ma perché a lui 10 ragazze e a me neanche una? Che poi, pensando all'ultima storia, gli avrei dato volentieri anche la mia ex. 
Ero innamorato di lei, ma ci sono persone che non sono adatte all'amore: le ho ribattezzate AdiMeR, ovvero Re Mida al contrario. Nel senso che tutto quello che tocchiamo diventa merda. Abbiamo bisogno di farci male, sino al punto da distruggere quel po' di bello che ci capita nella vita. Per caso, non perché ce lo meritiamo davvero, ovvio.  E lei ed io eravamo così.
 
 
Io sono la classica persona che ama solo quando soffre 
o quando sente più vicino l'abbandono.

(Mario Venuti, Crudele)

 
Adesso dovrei farmi perdonare aggiungendo la solita frase buonista. Tipo che siamo amore, che tutto è amore, che siamo destinati alla felicità e tutte quelle stronzatine motivazionali che girano sui social. Ma questo è il mio diario cazzo! Posso essere sincero almeno con me stesso? Perché avere un diario significa scrivere per se stessi. Se avessi voluto continuare a farlo per gli altri, avrei continuato ad essere un giornalista. Non fare, ma essere: il giornalismo non è né un lavoro né un mestiere, ma l'approccio alla vita di chi, non riuscendo a vivere la propria, racconta quella degli altri riscrivendola ad immagine e somiglianza del proprio ego.
Ed è ancora questo che mi spinge a sbattere sui tasti anche se ho spezzato da tempo le catene che mi tenevano schiavo di associazioni a delinquere di stampo editoriale. Vivere, quello sì che sarebbe un mestiere da imparare. E anche questo lo sapeva bene Battisti.
 
 
Può darsi ch'io non sappia cosa dico, scegliendo te, una donna per amico, ma il mio mestiere è vivere la vita 

(Lucio Battisti, Una donna per amico)

 
Adesso ci vorrebbe un finale, una frase ad effetto, qualcosa che giustifichi questo fiume di parole prive di senso compiuto. Ma fa caldo, meglio andare via, forse in un centro commerciale, lì almeno c'è l'aria condizionata.
 
 
Massimiliano Cerreto

 
P.S. Non sono così (tanto) stronzo, la mia è legittima difesa.