venerdì 25 luglio 2014

E in principio fu il Maurizio Costanzo Show

 
You're nobody till someone loves you 
Dell'insostenibile pesantezza dell'apparire


Amo la voce di Dean Martin. Un amore nato durante l'infanzia grazie alla televisione. Nell'Italia che usciva dagli anni '70 per entrare nella follia collettiva degli '80, il benessere era rappresentato dall'avere in casa un televisore a colori, familiarmente chiamato 'quello grande', e uno piccolo, portatile, in bianco e nero, detto 'televisorino', compagno inseparabile delle influenze di turno. Adesso papà ti mette il televisorino nella stanza, così ti fa compagnia, ricordo disse una volta, tra uno sciroppo della tosse e un termometro. Cartoni animati, serie televisive, film di Jerry Lewis e Dean Martin, ecco il mio imprinting con il piccolo ma davvero piccolo schermo.  
Nel 1965, scioltosi già da tempo il duo Martin and Lewis, così popolare negli anni 50' che la rivista Life dedicò loro una copertina, il cantante di origine italiana incise la sua versione di You're nobody till someone loves you.



Già, ma cosa significa essere qualcuno? Questo è davvero il punto. Perché è la disperata ricerca del consenso altrui, seppure correlata al legittimo e fondamentale bisogno di appartenenza, alla radice della cultura del mipiace. Una vera e propria rivoluzione, resa possibile grazie al web e iniziata molto tempo prima proprio con la televisione, che si sostanzia nel passaggio dalla verticalizzazione all'orizzontalizzazione tanto dell'informazione quanto delle espressioni artistiche. In altre parole, appaiono oggi essere venuti meno quei criteri di distinzione tra il destinatario ed il mittente della comunicazione.
Chiunque, a prescindere dall'avere o meno gli strumenti culturali necessari o un reale talento artistico, ammesso che si possa quantificare ciò che appartiene al mondo delle qualità e non delle quantità, può proiettarsi socialmente attribuendosi il ruolo di comunicatore/esperto in materia o di artista. In nome di una non meglio specificata libertà di espressione, si è giunti ad un'insopportabile cacofonia. Se tutti volessero parlare, chi rimarrebbe ad ascoltare?, mi disse una volta un musicista vincitore del Premio Tenco.

In Italia un ruolo fondamentale in questa transizione dell'uomo comune da persona a personaggio l'ha avuto Maurizio Costanzo. Il giornalismo d'inchiesta era già solito raccogliere le opinioni della gente comune, spesso in seguito a tragedie di rilievo nazionale. Mike Bongiorno aveva già avuto come concorrenti persone non (ancora) famose, dotate però di cultura enciclopedica. Ma è con il Maurizio Costanzo Show, trasmissione erede di Bontà loro, che emerge in modo prepotente la figura  del  'personaggio': individuo il cui successo è dovuto in massima parte al modo di apparire. E dubito che ci sia stato qualcuno della mia generazione che non abbia scritto, o almeno pensato di scrivere, al noto giornalista romano.


Ad essere sincero, non credo neppure che la previsione di Andy Warhol - nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per quindici minuti - possa dirsi realmente avverata, ma è certo che per molti avere oggi un profilo facebook e poter apparire social(mente) è diventato sinonimo di esistenza. Lo era anche per me. Ed è per questa ragione che, a meno di un mese dalla sospensione dell'account , oltre ad aver già percorso centinaia di kilometri in bici, ho deciso di creare questo blog, il cui url è vivosenzafacebook.  
Perché si esiste a prescindere dal mipiace degli altri; perché è meglio far bene il proprio lavoro che male quello di qualcun altro; perché le uniche persone davvero importanti nella vita di una persona sono quelle che ami e che ti amano, e non sono più di una decina, se si è fortunati; perché avevano ragione gli autori della canzone interpretata da Dean Martin. 
 
Massimiliano Cerreto
 


You're nobody 'til somebody loves you
You're nobody 'til somebody cares
You may be king, you may possess the world and it's gold
But gold won't bring you happiness when you're growing old
(Russ Morgan, Larry Stock, James Cavanaugh, 1944)