mercoledì 30 luglio 2014

La casa rossa sul tappeto giallo

Dell'aporia e della via d'uscita dalla logica

Tanti anni fa, papà mi regalò l'album eponimo dei Genesis, dai fan ribattezzato Mama per via del singolo di maggior successo. Lo comprò in Brasile, in occasione di un viaggio di lavoro: era l'estate in cui tutti ballavano (male) la Lambada.
Non mi è mai piaciuto, non il disco, non ballare. Ad eccezione del brano Home by the sea e del primo lento con la mia prima ragazza. È che, al di là del testo, - una storia di fantasmi - vivevo realmente in una casa sul mare. Il letto, la finestra, e poi il blu: le sorti dell'infinito legate alla corda di una serranda.

All'interno della mia stanza, anni prima ancora, c'era un tappeto giallo: lo macchiai dell'infanzia e dei giochi con gli amici.  Non avendo fratelli e sorelle mi sono sempre dovuto accontentare di quei compagni di viaggio che mi offriva la vita, e non senza una buona dose di senso dell'umorismo. Quello della vita, s'intende. In tutta sincerità, non ero un bambino con cui fosse facile andare d'accordo. E poi si sa, i figli unici sono persone problematiche: è l'unicità in quanto tale ad essere un punto di vista sbagliato. Ideale sarebbe invece avere un approccio all'esistenza di tipo olistico, volto a ri-comprendere ogni forma di dualismo. Per esperienza diretta, aggiungo che è proprio nei rapporti fondamentali della vita che possono convivere sentimenti estremi e apparentemente opposti come amore e odio. Mi perdoni Mogol, ma tu chiamale se vuoi contraddizioni. 
I filosofi, invece, preferiscono usare il termine aporia, che significa letteralmente strada senza uscita. Pensandoci, è nelle aporie kantiane che è possibile ravvisare un briciolo di umanità nel pensatore tedesco. Perché la storia dimostra che è il sonno del cuore a creare mostri: il dominio della ragione è quanto di più terribile possa esservi. È la logica stessa a costringere in strade senza uscita, spesso con conseguenze drammatiche come la guerra. 

Per fortuna, tutto è ancora possibile nei sogni come nell'immaginario infantile, al di là della logica. Sarà per questo che, da bambino, uno dei miei giocattoli preferiti era una scatola di cartone: rifugio, astronave, macchina del tempo e tanto altro ancora. Poi, un giorno, mi regalarono una casa fatta di tubolari rossi, coperti da un telo che riproduceva l'immagine di un cottage. Come spesso mi è accaduto, e mi accade ancora oggi, all'entusiasmo iniziale si accompagnò una profonda delusione: il telo non calzava perfettamente, ma lasciava scoperti pochi millimetri lungo il perimetro mentre la scatola di cartone si chiudeva perfettamente. Quel prodotto industriale, e quindi rispondente ad una logica funzionale, non poteva competere con qualcosa di immaginato e vissuto al di là della sua funzione. Mamma, che come ogni madre che si rispetti ha sempre avuto capacità di trovare una soluzione a tutto, rimediò con un serpentone di stoffa verde, di quelli che servono a non fare entrare gli spifferi. Pensandoci, oggi la mia anima è piena di buchi, ma ne sono felice: è da lì che passa la luce.
 

Massimiliano Cerreto


(Genesis, Home by the sea)