Dell'aporia e della via d'uscita dalla logica

Non mi è mai piaciuto, non il disco, non ballare. Ad eccezione del brano Home by the sea e del primo lento con la mia prima ragazza. È che, al di là del testo, - una storia di fantasmi - vivevo realmente in una casa sul mare. Il letto, la finestra, e poi il blu: le sorti dell'infinito legate alla corda di una serranda.
All'interno della mia stanza, anni prima ancora, c'era un tappeto giallo: lo macchiai dell'infanzia e dei giochi con gli amici. Non avendo fratelli e sorelle mi sono sempre dovuto accontentare di quei compagni di viaggio che mi offriva la vita, e non senza una buona dose di senso dell'umorismo. Quello della vita, s'intende. In tutta sincerità, non ero un bambino con cui fosse facile andare d'accordo. E poi si sa, i figli unici sono persone problematiche: è l'unicità in quanto tale ad essere un punto di vista sbagliato. Ideale sarebbe invece avere un approccio all'esistenza di tipo olistico, volto a ri-comprendere ogni forma di dualismo. Per esperienza diretta, aggiungo che è proprio nei rapporti fondamentali della vita che possono convivere sentimenti estremi e apparentemente opposti come amore e odio. Mi perdoni Mogol, ma tu chiamale se vuoi contraddizioni.
I filosofi, invece, preferiscono usare il termine aporia, che significa letteralmente strada senza uscita. Pensandoci, è nelle aporie kantiane che è possibile ravvisare un briciolo di umanità nel pensatore tedesco. Perché la storia dimostra che è il sonno del cuore a creare mostri: il dominio della ragione è quanto di più terribile possa esservi. È la logica stessa a costringere in strade senza uscita, spesso con conseguenze drammatiche come la guerra.
Per fortuna, tutto è ancora possibile nei sogni come nell'immaginario infantile, al di là della logica. Sarà per questo che, da bambino, uno dei miei giocattoli preferiti era una scatola di cartone: rifugio, astronave, macchina del tempo e tanto altro ancora. Poi, un giorno, mi regalarono una casa fatta di tubolari rossi, coperti da un telo che riproduceva l'immagine di un cottage. Come spesso mi è accaduto, e mi accade ancora oggi, all'entusiasmo iniziale si accompagnò una profonda delusione: il telo non calzava perfettamente, ma lasciava scoperti pochi millimetri lungo il perimetro mentre la scatola di cartone si chiudeva perfettamente. Quel prodotto industriale, e quindi rispondente ad una logica funzionale, non poteva competere con qualcosa di immaginato e vissuto al di là della sua funzione. Mamma, che come ogni madre che si rispetti ha sempre avuto capacità di trovare una soluzione a tutto, rimediò con un serpentone di stoffa verde, di quelli che servono a non fare entrare gli spifferi. Pensandoci, oggi la mia anima è piena di buchi, ma ne sono felice: è da lì che passa la luce.
Massimiliano Cerreto
(Genesis, Home by the sea)