sabato 11 ottobre 2014

Incroci

Di una storia sulle ali di una farfalla

Con la leggerezza delle parole di Alessandro Baricco in Seta. Ecco, se potessi scegliere, credo che la scriverei così questa storia. Ma sono le storie a scegliere noi, e noi siamo le nostre parole, che nascono quando si sfiorano le vite degli altri.

Avrai le mie labbra, quando ti toccherò per la prima volta sarà con le mie labbra, tu non saprai dove, a un certo punto sentirai il calore della mie labbra, addosso, non puoi sapere dove se non apri gli occhi, non aprirli, sentirai la mia bocca dove non sai, d'improvviso.

 (Alessandro Baricco, Seta)





E una volta ho sfiorato anche la vita di Erri De Luca. Magro lui, magri i suoi versi, bellissimi nella loro unicità. Non ho letto ma vissuto i suoi libri. Come quel giorno prima della felicità che sto ancora aspettando. Come il peso della farfalla, che è il tocco leggero dell'universo chiamato a ripristinare l'armonia.


Esiste in scrittura sacra la formula: vestito di vento di Elohìm.
Riguarda un uomo raggiunto da una profezia da trasmettere.
Nessuno tranne lui sa di che vestito si tratta.
Il re dei camosci era vestito di vento.
 

(Erri De Luca, Il peso della farfalla)

Il verde, che poi era giallo - Non di vento, ma di vestiti leggeri, troppo leggeri, era ricoperto il ragazzino dell'est entrato stasera nel ristorante per vendere le rose. Con i capelli lunghi e la voce infantile, tanto che sarebbe potuto essere anche una bambina. Due monete da cinquanta centesimi: il prezzo per mettere a tacere la coscienza. Un braccialetto fosforescente la ricompensa.  
Quale colore vuoi?, mi ha sorriso. Il verde, gli ho sorriso io. Non è verde, ma giallo!, ha esclamato. Come la vuole la pizza?, è il cameriere rumeno a parlare adesso. Forse viene dallo stesso Paese del ragazzino. Con quella rassegnata eleganza e la faccia triste che mi ricorda un po' Pessoa. Sono anni che prendo sempre la stessa: bianca con tanto basilico. Mi piace il verde, ma preferisco il blu.
 

Cofanetto blu, cofanetto rosso - Non sono mai stato nei Paesi dell'est. Ad eccezione della Polonia. L'anno prima ero stato a Stoccolma e, due giorni prima di tornare, conobbi una ragazza spagnola su un battello turistico. Mi parlò nella sua lingua. Nulla di strano, come tutti i napoletani, discendo dai greci e nel mio sangue ci sono le tracce di tante dominazioni straniere, spagnola compresa. Rimanemmo in contatto e decidemmo di organizzare un viaggio a Varsavia.  
You're a bastard, mi disse molti anni prima un giovane insegnate di lingua inglese quando gli raccontai la storia di noi napoletani. You're so kind, mi disse l'amica spagnola. Eravamo nella parte vecchia della capitale polacca, dinanzi ad una bancarella che vendeva oggetti in legno. Scelsi un cofanetto blu. Era l'ultimo, e piaceva anche a lei. Allora glielo lasciai e ne presi uno rosso.
 

Oggi - Certo che a conoscersi attraverso gli altri si corre il rischio di credere davvero ai loro giudizi. Forse il braccialetto non è davvero verde, ma è così che lo vedevo. Un bastardo? Nel senso letterale del termine, non posso negare di essere il prodotto di una serie infinita di incroci di popoli diversi. Nel senso comune, quello dispregiativo, non credo di esserlo. E gentile? Ci provo. Soprattutto perché la gentilezza è l'unico antidoto all'aggressività diffusa, amplificata quando ci si relaziona online.

Massimiliano Cerreto