lunedì 10 novembre 2014

Marco Lazzara - La TavolAperiodica – Arsenico & Nickel

Prosegue la rubrica dedicata a Primo Levi, autore, tra gli altri, de Il sistema periodico. A curarla è Marco Lazzara, anche conosciuto come il blogger errante. Non ha un proprio blog, infatti, ma sul profilo di google+ è possibile leggere tutti i suoi guest post. Già, ma chi è Marco Lazzara? Laureato in Chimica nel 2009, è docente presso il Centro Studi Test Torino ed anche scrittore.  

m.c.
http://www.ibs.it/ebook/Lazzara-Marco/Incubi-e-meraviglie/9788867821822.html
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La TavolAperiodica – Arsenico & Nickel

Alle volte gli elementi della Tavola Periodica sono usati come inconsapevoli mezzi per compiere piccole e grandi malignità. È il caso di Arsenico, dove Primo Levi racconta di una sua esperienza lavorativa che è quasi una sorta di giallo. A seguire, il mio racconto Nickel, ambientato un anno dopo nello stesso laboratorio di cui ho raccontato nel post precedente.


Arsenico

In Arsenico Levi racconta di una sua esperienza di lavoro nel piccolo laboratorio d’analisi chimiche che ha messo su con un collega. Un giorno un ciabattino gli porta un campione di zucchero da analizzare, sospettando che contenga qualcosa di nocivo, dato che sia lui che la figlia sono stati male dopo averlo consumato.
 

Levi si mette dunque al lavoro e già dalle operazioni preliminari comincia a ritenere che l’uomo abbia effettivamente ragione: sciolto in acqua il campione di zucchero produce una soluzione torbida, e bruciatone un po’ alla fiamma si leva nell’aria un odore agliaceo. È evidente che lo zucchero sia stato alterato e ormai non c’è quasi dubbio su cosa sia stato aggiunto, ma Levi effettua lo stesso l’analisi per conferma.
 

Le operazioni che compie sono quelle stabilite dal test di Marsh. Per prima cosa si acidifica per distruggere la materia organica, quindi si infila il campione in un’apposita bottiglia che contiene zinco granulare purissimo. Attraverso dei tubi viene introdotto acido solforico, che reagendo con lo zinco produce idrogeno gassoso; quest’ultimo reagisce a sua volta con l’elemento sospetto che, dopo alcuni passaggi, viene fatto precipitare sotto forma di solfuro. Il test dà quindi la conferma che lo zucchero era stato adulterato con dell’arsenico.
 

Levi ne informa il ciabattino, che trova quindi conferma dei propri sospetti: l’uomo gli spiega che il colpevole è un suo concorrente più giovane, che sperava in questo modo di liberarsi di un rivale, non riuscendo a capire che in quel campo c’era abbondanza di lavoro per tutti e due. Levi lascia quindi all’uomo la decisione se avvertire o meno le autorità competenti.


Nickel

Il nickel, ventottesimo elemento della Tavola Periodica, si trova vicino al rame, di cui a volte è indesiderato compagno. L’origine del suo nome ha un che di davvero particolare: secondo il folklore germanico, il nickel è infatti una sorta di folletto dispettoso, il che è curioso, perché in effetti è oggigiorno un noto allergene. In tedesco i minatori lo chiamavano kupfernickel, traducibile con “rame del diavolo”, perché quando estraevano il rame dalle miniere, trovavano anche il nickel come impurezza, che abbassava quindi il valore di ciò che estraevano con grande fatica.
 

Feci la conoscenza di questo elemento al secondo anno di università, durante il corso di Chimica Inorganica B. Dopo oltre un anno, facevo quindi ritorno nel laboratorio di Preparazioni Inorganiche, ma per fortuna nel frattempo le mie competenze pratiche erano notevolmente migliorate rispetto a quella mia prima esperienza.
Scopo di quel corso di laboratorio era la sintesi di composti di coordinazione, di cui poi effettuare l’analisi spettroscopica. Tra di essi c’era anche un complesso del nickel, che peraltro si rivelò poi durissimo da ripulire e scrostare dalla vetreria di laboratorio usata per prepararlo. La sua fama di folletto dispettoso cominciava già a rivelarsi, almeno in piccola parte, meritata.
Un giorno il dott. D., il docente del corso, avvisò un gruppetto di noi, con un’espressione carica di significato, di non lasciare in giro incustoditi i nostri complessi. Rimasi un po’ perplesso da questo consiglio finché una mia compagna non mi ebbe spiegato cosa intendesse dire. Il fatto era che due nostri compagni, evidentemente non molto interessati alle esperienze di laboratorio, avevano escogitato un infido stratagemma per uscirsene prima: se per caso qualcuno si allontanava un momento dalla propria postazione, per esempio per lavorare sotto cappa o per effettuare un’analisi spettroscopica o altro, ne approfittavano per rubargli i prodotti sintetizzati dopo tante ore di fatica; a quel punto li mostravano al dott. D. come se li avessero prodotti loro, chiedendogli di poter andare a casa, dato che sembrava che per quel giorno avessero già finito. 


Come se questo disdicevole episodio non fosse sufficiente, verso la fine del laboratorio una mia compagna accusò la sua vicina di bancone di averle rubato uno dei suoi becker. Non riusciva a trovarlo da nessuna parte ed era convinta glielo avesse preso lei. In caso qualcuno smarrisca o rompa del materiale di laboratorio, è tenuto poi a ricomprarlo, ecco il motivo di tanto clamore. La vicina, una ragazza giunta a Torino fin dalla Sicilia, continuava invece a proclamarsi innocente: secondo lei, l’altra doveva averlo dimenticato vicino a qualche lavandino o sotto a qualche cappa. La verità sarebbe stata dunque rivelata l’ultimo giorno alla riconsegna del materiale. Risultò – ma era un risultato abbastanza scontato - che la ragazza siciliana aveva effettivamente un becker in più e dovette restituirlo alla legittima proprietaria. Probabilmente aveva voluto un souvenir senza doverselo comprare al negozio di via Belfiore all’esorbitante prezzo di 10 euro.
 

A distanza di tanti anni, a ripensare a questi episodi, mi viene quasi da pensare che in quel laboratorio si aggirasse davvero un folletto dispettoso, che induceva le persone a questi comportamenti meschini: forse che il nickel era riuscito a contagiare altri con la sua natura dispettosa? Credo di no. Sono piuttosto dell’idea che il nickel sia solo un metallo come tanti, e che le piccole malignità, i dispetti e le furberie siano invece proprie dell’animo umano.

Marco Lazzara